Impressioni Jazz " Le Bonheur... Terre Promise (2012) di Laurent Hasse" Recensione A pied, zaino in spalla e telecamera in mano, incontro all'altrui Bonheur...
Non è insolito nel cinema, come nella vita, che un personaggio, dopo un incidente in cui ha corso il rischio di morire, si prenda un periodo di pausa. Sorta di fuga dal conosciuto, dai confini di una vita incasellata tra lavoro e affetti, che naturalmente sembrava scorrere e poi appare bloccata. Un personale viaggio di riabilitazione, in un tempo in sospensione, speso più a guardarsi intorno che a fare. Per indagare dentro sé stessi e nel mondo. Alla ricerca di senso e, nel senso, il fine: stare bene, essere contenti, le Bonheur… E come spesso, anche nella realtà, accade, quando si cerca profondamente qualcosa, ci si ritrova lì dove le risposte sembrano in attesa.
Laurent Hasse, quell’equilibrio lo indaga nell’incontro, attraverso la scrittura per immagini. E i tempi sono quelli della ricerca, a piedi, zaino in spalla e telecamera in mano, dal sud al nord della Francia, sull’ideale rotta della méridien verte. Dal freddo della neve invernale, dal gelo immobile, al tepore del confine costiero, al movimento ondoso del mare che si distende nei suoi spazi aperti e ariosi.
L’uscita dalla città è un reticolo non facile da superare, fatto di svincoli e tangenziali a misura di macchine, in cui perdersi e girare a vuoto. A contatto con la natura, su vie e sentieri dove ancora il cammino per l’uomo e i suoi movimenti liberi resiste, tra piccoli paesi lontani dai centri urbani, in cui sostare, invece egli potrà immergersi nel mondo sconosciuto e tutto da indagare che gli si affaccia davanti. Il tempo necessario per prendere confidenza, per entrare in sintonia con il ritmo di vita di luoghi e abitanti. E che sia davanti a un ramo mosso dal vento, o ad un animale che bruca l’erba, nella casa di un’anziana signora a prendere un tè, o in quella di una coppia con idee differenti su dove abitare, o nel laboratorio di un gruppo di amici che hanno abbandonato la città per un diverso stile di vita… la domanda da porre sarà sempre la stessa: che cos’è le bonheur? Che cos’è che dà gioia, piacere, gusto per la vita?... Avvicinandosi con lo sguardo, quasi immedesimandosi, per catturare le sensazioni, in un mondo vegetale o animale silente per le nostre orecchie ma non per questo privo di segni. O ponendosi ad una distanza amichevole, colloquiale, di fronte a persone consapevoli delle proprie risposte. Più ascoltando che dibattendo. Ed è un grande effetto di naturalezza, ciò che riesce ad ottenere in queste sue interviste, con persone che liberamente parlano di loro stesse, delle idee sulla vita, delle personali convinzioni su le Bonheur. Dove l’importante non è tanto il cosa ciascuno effettivamente risponda, se semplicistico o complesso, conformista o alternativo, ecc. Ma il fatto che tutti, ciascuno con la propria verità di vita, si siano dati una risposta al proprio bisogno di bonheur.
Piuttosto raramente un documentario è così originale e complesso. Frutto di un mix di autobiografismo e indagine documentaristica,che lo apparenta ad un personale diario filmico di viaggio, in cui la sensazione fluisce, l’idea si approfondisce, trovando nel montaggio la sua forma compiuta. Mentre il tempo della ricerca assurge a chiave di lettura filmica: non bisogna avere fretta per ritrovare sé stessi.
Quello stesso tempo che Laurent Hasse, al suo secondo lungometraggio, si è concesso per sé, per risanare corpo e mente, dopo essere stato investito, quasi mortalmente, da un’automobile.
Un’opera che scorre e interessa. Solo nella parte finale qualche incertezza, come un indugio prima di chiudere il film, che il buon montaggio di Mathieu Augustin lascia, comunque, appena trasparire. E frutto, forse, di un’ipotizzabile grande mole di materiale girato, la cui selezione comporta sempre difficili rinunce.
Il regista Hasse (suoi, anche, scrittura, fotografia e suono), si dimostra grande conoscitore e ruminatore di immagini, e di cinema. I suoi rimandi non sono citazioni, ma riflessi. Impossibile non pensare ad Andersson, e a You, The living. A quella sensazione diffusa di vite bloccate che aleggia in certi personaggi chiusi nelle loro case, smarriti e impotenti di pronte ad una natura esterna ed estranea, oppure all’aria aperta, in cerca di respiro, seduti su una panchina dei giardini o in mezzo ad una campo arioso, dove il movimento si fa libero… Resta il rammarico di non aver potuto apprendere dallo stesso Hasse, assente alla proiezione, altre e sicuramente interessanti informazioni su questo suo lungo viaggio in terra francese.
Le Bonheur… Terre promise, è premiato miglior documentario all’Ischia film fest 2012. Una sezione che, seppur priva di divi capaci di garantire ritorni di immagine, si è dimostrata ricca di qualità culturale, e che ci si augura il festival voglia ulteriormente potenziare e valorizzare.
Silvana Matozza
01.09.2012 h. 18.20