RESNAIS  EST UN ROMAN - I PRIMI CORTI, Accademia di Francia -. Villa  Medici

 

 LAGER ACCUMULO CAPITALISTA DI MONTAGNE DI CAPELLI E DI DENTI PRONTI PER IL RICICLO

 

   5 cortometraggi, momenti di diversi viaggi alla ricerca di conoscenza, nel tentativo d’esplorare la vita, i comportamenti umani, fino in fondo alla coscienza. Attraverso macchina da presa, occhio sulla “realtà”e caméra – stylo del regista che, come lo scrittore, ne fa strumento di  lettura, personale linguaggio.

Istanza della novelle vague, che rispondeva ai metodi di produzione  di derivazione hollywoodiana, indirizzati solo al profitto, mettendo in guardia contro il pericolo di un appiattimento della sensibilità degli spettatori. Contro un cinema “realistico”, fatto di schemi ripetitivi, storie a sviluppo continuo e prevedibili sorprese, che in luogo della riflessione spingeva  sull’immedesimazione.

   Avanguardia cui Alain Resnais sarà contiguo, per certi versi anticipatore e da cui sarà sostenuto, attraverso i Cahiers du cinéma, pur continuando un suo cammino originale. D’innovazione sin dagli esordi, come testimoniano i significativi e rari primi corti.

   Viaggi intrapresi sulle tracce che l’uomo lascia di sé, del  vissuto sedimentato nel tempo e nelle cose, che Resnais insegue, ripercorre, attraversa calandovisi dentro, assumendone il linguaggio, decodificandolo, ricreando e facendo rivivere passione di vita, pensieri, sensazioni, emozioni.

   Iniziando da Van Gogh ( ‘48),  scg. Hessens e Diehl, premiato a Venezia e Oscar ‘50 e Paul Gauguin ( ‘50) scg. G. Dhiel, cui perverrà dopo aver girato documentari su pittori contemporanei. Sguardo che vaga sulla superficie dei dipinti, stabilisce porzioni, dettagli, relazioni temporali all’interno del quadro o passando ad un altro, entra dentro, ricreando  tensioni,  lucido pensiero, eccesso di furore creativo.

   Poi Tutte le memorie del mondo (’56), scg. Forlani. La biblioteca di Parigi, grande labirintica mente collettiva, luogo di conservazione e scrupolosa catalogazione, dove il limite tra cura per la memoria del passato da preservare e segregazione che toglie vitalità, sembra labile.

   Altra pignoleria ben più infausta compare in Notte e nebbia (’56), commento di Cayrol, scrittore reduce da Mauthausen. Cortometraggio che s’apre col piano sequenza, momento di vita a colori, squarcio di luce satura su un’innocua distesa di capannoni tra l’erba,  che  alterna immagini in bianco e nero di materiale girato dai nazisti, ma anche dalle truppe alleate, per un film mai fatto. Coscienza rimossa di una realtà che non fa ancora i conti con le responsabilità: il kapò ha ubbidito agli ordini, l’ufficiale ha ubbidito agli ordini, ecc. Di quei luoghi, a dieci anni dall’apertura dei cancelli, Resnais accosta il  presente a ciò che non c’è più, ma è avvenuto, lo mostra, colle  montagne  di capelli, di denti, diligentemente catalogati, preparati per il riciclo…i forni crematori, uno, un altro, poi un altro… Le chant du styrène (’58), testo R. Queneau. Ultimo corto, prima dei lungometraggi,  in tono ironico surreale affronta la lucida smagliante, seducente plastica delle forme del prodotto finito  per ripercorrerne il viaggio a ritroso fin dentro il fangoso mondo del petrolio e delle trivelle.

 

Silvana Matozza

 

Articolo pubblicato sulla rivista cultura e spettacolo Vespertilla, anno IV n° 1 – Gennaio/Febbraio 2007

 

    

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