Impressioni Jazz " Un altro Pianeta" (2008) di Stefano Tummolini Recensione
UN GIORNO QUALUNQUE, SULLA SPIAGGIA DI CAPOCOTTA…
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Su di un pianeta strano e alieno possiamo ritrovare finalmente gente normale, e commuoverci alle vicende di queste persone, che in fondo ci somigliano.
Niente detective super efficienti e accessoriati, né cyborg bionici, o fanciulle volitive firmate da capo a piedi:ovvero tutta la fauna che popola le nostre città normali in molti film di genere.
A Capocotta, invece, la spiaggia trasgressiva vicino a Ostia, nota come rifugio di nudisti e gay, accadono eventi minimalisti, si fanno discorsi un po’ banali, da conversazione sulla sdraio e la radio manda musica come colonna sonora; s’adeguerà anche il protagonista, il ruvido Salvatore, alla prese con la nuova conoscenza di tre amiche. Ma c’è tutto. L’amore, la perdita con il vuoto che lascia, la morte, l’amicizia. Cose di cui è fatta la vita. Un omosessuale che rimpiange il compagno scomparso, suo partner di lunghi anni felici, una ragazza preoccupata per il padre ammalato, un intellettuale che per consolarsi sentenzia, una donna afflitta da una strana malattia, sono seguiti dall’occhio tenero e ironico del regista…. Durante una lunga giornata al mare, quasi in tempo reale. Alla fine il gruppo si disperde, una morte incombe, gli altri se ne sono andati precipitosamente, tra le dune un gay e una sieropositiva si abbracciano e amano… normalissima scena tra due esseri umani sofferenti che si sentono per un momento così tanto vicini. Perchè no? Non sapremo mai se tra l’ostico Salvatore ( Antonio Merone) e la tesa solitaria Stella ( Chiara Francini ) ci sarà un seguito, cosa accadrà dopo quella giornata. Semplicemente perché il film, con una finestra di dialogo sempre aperta sul passato, non prefigura un dopo, si dà tempo, lascia spazio alla sensibilità e al dolore intimamente vissuti di affacciarsi, di manifestarsi nel presente. In questa commedia delicata, di sentimenti espressi con pudore, anche le situazioni più crude come quella iniziale dell’incontro di Salvatore con altro giovane gay, sono intuite e non mostrate. Inquadrature nitide, spazi psicologici e di relazione, e movimenti di macchina essenziali, sono al servizio della narrazione scevra da particolari acrobazie di stile. E una ricerca asciutta di autenticità nel comunicare le emozioni, che fa propria la lezione del neorealismo, del De Sica maturo di Il giardino dei Finzi Contini. Opera prima di Stefano Tummolini (scenegg. con Antonio Merone), con un’équipe che rende al meglio, tra recitazione, musica (Francesco Maddaloni) fotografia e montaggio ( Raoul Torresi ). Presentata in vari festival, tra cui Venezia, Med, Sundance 2009.
Silvana Matozza, Guido Bonacci
Articolo pubblicato sulla rivista di cultura e spettacolo Vespertilla, anno VI n° 6 - Novembre/Dicembre 2009