Impressioni Jazz " Welcome to Hebron" (2008) di Terje Carlsson Recensione
BENVENUTI A HEBRON!
WELCOME TO HEBRON
West Bank. Hebron. Ovvero, la città che nei territori occupati, vanta l’esclusiva di essere divisa al suo interno tra coloni israeliani e palestinesi. Realtà di vita sorvegliata a vista dalle forze militari israeliane, nella quale ci introdurrà la studentessa Leila Sarsour, diciassettenne musulmana palestinese. Dal suo mettersi il velo ( per scelta, dice) prima di uscire di casa, a quei luoghi della Old Hebron in cui si va maggiormente concentrando la presenza israeliana, il mercato, la sua scuola… Un percorso a ostacoli nella normalità di convivenza tra occupanti e occupati che per lei, nata dopo il 1967 è l’unico modo di vita conosciuto. Dove il conflitto sotteso e permanente è sempre sul punto di esplodere, e le inquadrature da classiche riprese, repentinamente si trasformano in immagini rubate. Vita quotidiana che s’avvita su se stessa, tra sassaiole, strattonate, insulti da parte di donne colone, o ragazzini, che ributtano dentro le loro case le palestinesi, in attesa che se ne vadano per sempre… Ed è quest’atmosfera rinchiusa, da gabbia che permea l’intero lungometraggio; tra filo spinato, reticoli sopra le case, contro i rifiuti gettati dai coloni dei piani superiori, strade presidiate e controlli continui. Con un senso di disparità e ingiustizia che balza agli occhi. Perché anche il semplice andare a scuola diventa un’impresa, fra check point e metal detector, dove ogni zaino di bambino è sospetto, mentre Leila e le sue compagne sono usualmente aggredite. Storie di diritti negati a cui si contrappone il sentire diffuso dei coloni; come quello dell’esponente religioso ortodosso, che rivendica per il suo popolo l’antica città ( anche se non è sacra solo per gli ebrei), auspicando che i palestinesi scelgano altri posti in cui vivere. E la pace? Lo stato palestinese? Quale futuro? Leila, che ama la sua terra, le sue amiche, che chatta con gli amici in internet, se ne andrà a studiare in Egitto, continuando a sperare in un cambiamento di pace.
Un lungometraggio senza veli che offrendo uno squarcio di vita vissuta palestinese, lascia aperte inquietanti finestre sullo scenario a venire. Con un focus centrato sulla condizione femminile, delle tante adolescenti come Leila che si dibattono tra un mondo allargato in cui potersi esprimere e le barriere in cui sono costrette a muoversi ogni giorno, in attesa di futuro. Selezionato in molti festival, tra cui il Riff di Roma, è il documentario d’esordio dello svedese Terje Carlsson, giornalista free lance, soprattutto per radio e Tv svedese, da vari anni a Gerusalemme.
Silvana Matozza, Guido Bonacci
Articolo pubblicato sulla rivista di cultura e spettacolo Vespertilla, anno VI n° 2 - Marzo/Aprile 2009