IN VIAGGIO CON PINOCCHIO…
Una notte nel bosco degli spiriti
Villa Panphilj con il buio della notte sembra un bosco antico e arcano. Luogo giusto
per un incontro- rito. Con Amos Tutuola, coi racconti del suo La mia vita nel
bosco degli spiriti, e con quel personaggio bambino che fuggendo di casa per
via della guerra, in continua ricerca di qualcosa, un po’ come il Pinocchio
collodiano, dovrà districarsi con stupore e paura tra magi e fantasmi del
mondo Yaruba, al quale lo scrittore nigeriano non ha mai smesso di abbeverarsi.
E’ un piccolo grande spettacolo che Marco Baliani, attore, regista e
drammaturgo, propone nella Notte Bianca, povero di mezzi, ricco di suggestioni
e di significati (com’è il suo teatro politico di narrazione). Solitario dialogo
quasi sussurrato, dove diversi livelli di coscienza seguono, si intrecciano e si
confondono; l’incalzante lettura di una storia di formazione, iniziale rotta di
un più ampio viaggio capace di inglobare altre rotte, altri luoghi della
memoria, individuale e collettiva; con scali, veri e propri porti franchi in
territorio amico, per scendere, poi risalire, portandosi sempre appresso
qualcosa in più. Sullo sfondo, voci di ragazzi, suoni di foresta digitalizzati,
musica dal vivo( Mirto Baliani, Davide Garattoni). E il bosco sembra animarsi di
spiriti, quegli stessi che da tempo avevano abbandonato quel luogo, o s’erano
nascosti, invisibili e dimenticati da una civiltà che non si accorge più di
loro. Baliani intreccia racconti popolari africani, miti, leggende, con la sua
storia di regista e di educatore insieme ai ragazzi di strada di Nairobi(progettoAMREF).
Insieme ai chokora (spazzatura - il loro cibo!), dai visi induriti di
precoci adulti, ha preparato e messo in scena (con grande successo, nel tour
italiano) un Pinocchio nero (Premio UBU 2005). Non era anche
Pinocchio un ragazzo di strada, dal corpo duro, di burattino di legno? E’ un
malinconico Geppetto, con la sciarpetta al collo, e per sedia un pino tronco,
che narra al suo pubblico, seduto a terra tra gli aghi di pino, quasi discepoli,
di come per gradi nei ragazzi la violenza si sia sciolta in amicizia, la lotta
a muso duro in voglia di rappresentare insieme, quella strana storia, per molti
aspetti familiare; dove l’attore diventa sciamano, la maschera non nasconde ma è
strumento per incarnare meglio un personaggio mitico, un dio, alla maniera della
Grecia classica o della commedia dell’arte. Il teatro come passione politica(
Baliani inizia allestendo spettacoli fuori dalle sale, in una facoltà
universitaria occupata, nelle carceri, spettacoli per l’infanzia, etc.), ma
anche come sonda verso livelli più profondi dell’esperienza, e ponte tra diverse
culture.
Silvana Matozza, Guido Bonacci
Articolo pubblicato sulla rivista di cultura e spettacolo Vespertilla, anno IV n° 4 - Settembre/Ottobre 2007